LA MIA STORIA

L' INIZIO

In cucina, può crearsi una certa confidenza. E lì la decisione definitiva fu presa. Glielo chiese il papà. Sebastiano Busà lo ha preso per mano suo figlio e suo figlio, seguendo il talento naturale che ha, ha fatto il resto: “Vuoi diventare un campione ?”. E Luigi ancora esordiente sul tatami rispose: “Si, lo voglio. Diventeremo i più forti al mondo”. Non si gioca più allora, si fa sul serio. E a 18 anni ecco il primo titolo mondiale senior per lui. Categoria 80 chilogrammi. Nei suoi attuali 75, c’era un certo Salvatore Loria. Un grande, grandissimo. Uno degli dei del karate mondiale. Adesso, allenatore della Nazionale. E anche di Luigi. Insieme a Claudio Guazzaroni e Cristian Verrecchia. Un trio di leggende del tatami per altre leggende, che stanno vincendo e che vincono. Destinazione Tokyo 2020. E Luigi lì negli 80 allora. E il primo oro iridato. L’unico nella storia del karate mondiale. L’unico atleta appena maggiorenne che vinse una medaglia iridata. Il traguardo più bello allora: “Hai vinto il massimo”. Lo racconta Luigi Busà. Nella sua intervista descrive la sua storia e quella medaglia importante. La prima di tante. 19 per lui quelle tra Mondiali (2 ori, 3 argenti, 1 bronzo), Europei (4 ori, 2 argenti, 6 argenti) e Giochi Europei (1 argento nel 2015). Chi si ricorda dell’argento a Baku ? La storia, anche lì. E chi si ricorda di quell’oro a Tampere ? Lui sicuramente si. E poi l’ascesa. Pian piano. Fino a Parigi e oltre. E in cucina cominciò tutto. Una chiacchierata con il padre Sebastiano che ospitò il piccolo Luigi sul tatami della palestra, quando il futuro campione aveva solo 3 anni e mezzo.

LA CONSACRAZIONE

A Madrid è arrivato l’argento mondiale. Un alloro che forse Luigi si aspettava. Si sentiva. A 31 anni, si sentono più forte certe sensazioni. Ma il sogno di Tokyo resta immobile. Lì. Esiste. E Luigi ci sta lavorando. A gennaio ecco di nuovo la Premier League e ai Carabinieri, di sede a Trastevere, Busà si sente a casa sua. Una seconda famiglia. Accoglie l’Arma quelle sue medaglie numerose e quel talento unico, sopraffino. Un fenomeno. Tutti lo dicono. 2 titoli mondiali allora per lui. A Tampere il primo e il secondo poi a Parigi. Il Mondiale della bellezza dei 25 mila sugli spalti. Il Mondiale del titolo della maturità e della conferma. Il Mondiale del coraggio. Anche contro l’infortunio alla caviglia. Salì sul tatami Luigi. Così. Con quel dolore. Ma la mente di un Samurai può tutto. Supera tutto. Non sente il dolore, se la posta in palio è alta. Allora ecco il suo: “Si, lo voglio”. Ancora una volta. E ancora papà Sebastiano quel giorno, insieme a Savio Loria: “La mente può fare cose che il corpo non conosce”. Glielo disse l’attuale allenatore azzurro. Luigi chiese consiglio a uno dei più grandi e uno dei più grandi gli rispose di salire sul tatami e di vincere. Come fece il papà. Gli bastò solo seguire il cuore e il talento. Senza troppo riscaldamento. E la medaglia della conferma, di quel talento e di quella passione, arrivò. Aghayev dall’altra parte della barricata. Uno forte. Il più forte allora. Tra i più grandi oggi. Da esempio. E Luigi lo battè e lo incontrò anche dopo. Nelle pool e nelle competizioni internazionali. Anche a Madrid.

LA RIVALITÀ

Agli ultimi Mondiali spagnoli, Luigi salì sul tatami in semifinale, con Aghayev. Uno tosto. Un avversario conosciuto, voluto. Cercato. Quasi come un’ossessione. Per dimostrare di essere il migliore. E Luigi lo ha fatto ancora, in Spagna. Un grande torneo quello appena trascorso. Dopo un difficile anno 2017, prima. E l’oro a Tokyo nel 2018, in Premier League, ha riscattato un periodo in ombra. Siglando un periodo eccezionale. Ma tanti sono stati gli infortuni. Un campione deve affrontare anche questo. E’ nel suo destino. Probabilmente. Altrimenti, la passione non cresce. L’insegnamento non arriva e Luigi non vince. La rivalsa è una grande spinta verso il futuro. E Busà dopo alcuni stop si è ripreso il suo posto nel karate mondiale.

L' ESEMPIO

E’ importante l’esempio di un campione. Lui lo sottolinea. Ma lo è anche quello di chi, non necessariamente vince, ma parla di sé: “Ci sono tanti karateka che hanno bellissime storie da raccontare”. Lo dichiara Luigi. Dimostrando il grande desiderio di poterle sentire. Di sentirle raccontare. Da tutti. Dai media principali di un Paese che spesso da spazio agli arroganti. Ma lui va avanti e parla di sé. Perché i giovani glielo chiedono: “Se faccio cose brutte, faccio del male, prima a me stesso”. E lui così gli risponde. Ci tiene Luigi. E’ uno degli dei del karate, degli anni 2000. Ma le cose importanti della vita sono altre, per lui. Anche se mai, bisogna distogliere lo sguardo dal tatami e dal sogno olimpico.